lunedì 18 marzo 2013

Marco Bertoli - La signora che vedeva i morti

Cominciamo la mattinata con la presentazione di un talentuoso autore di origini centro-italiche e del suo intrigantissimo lavoro di narrativa.

Autore: Marco Bertoli
Titolo: La signora che vedeva i morti
Editore: Felici
Collana: Caleidoscopio
Pagine: 360
Anno: 2012
Formato: Cartaceo
Prezzo: 13,00

Trama:
In un XVII secolo molto simile a quello vero, tra Pisa e la Lunigiana, Debrena Mori, primo siniscalco dell'ufficio indagini speciali dei reali moschettieri durante il regno di Ugolino V della Gherardesca, svolge con perizia e freddezza la propria funzione. Un tempo, però, era stata solo una giovane donna del popolo, cieca ma capace di vedere le anime dei defunti. Manfredi Gambacorti, colonnello dei reali moschettieri e Franco Gentilini, mago giudiziario, entrambi funzionari investigativi, indagano su una serie di indecifrabili suicidi e su un omicidio altrettanto misterioso... un giallo in costume dove la Storia si narra con rigore.

Un estratto dal libro
"Nel vicolo aleggiava un silenzio irreale, disturbato a tratti dal mugghiare di una folata di libeccio. La figura intabarrata era ben lungi, nella particolare condizione d’animo in cui versava, dall’agognare i piaceri della carne. La sua meta, infatti, non era uno dei grandi portoni ben sbarrati, quanto piuttosto, un piccolo uscio dall’aria sgangherata che si affacciava quasi in fondo alla viuzza, un attimo prima dell’incrocio con Via La Nunziatina.

La casa-torre di cui costituiva l’entrata, leggermente sghimbescia, era consona all’aspetto malridotto del portoncino, stonando, con una facciata in cui crepe e buchi si spartivano equamente gli spazi tra le disomogenee pietre squadrate, con la ridondante alterigia degli edifici circostanti. 
Eppure dietro quei muri malmessi si celava qualcosa di ben più prezioso delle lascive cortigiane e delle loro prodigiose raffinatezze amatorie. Un tremolio dell’aria, un barbaglio di tenui scintille dorate che vorticavano senza posa in un intreccio ordinato che nemmeno il vento riusciva a scompaginare, indicava anche all’occhio più distratto che un potente incantesimo vegliava su quella porta dall’apparenza modesta, tutelandone la sicurezza. 
Una mano ricoperta da un guanto di morbida pelle di daino uscì con fatica dalla protezione del mantello. S’immerse titubante nel luccichio di faville, avvertendone il leggero pizzicore sul polso scoperto, allungandosi verso il batacchio a forma di demone monocolo che era inchiodato, storto pure lui, all’uscio. Lo sfiorò con esitazione crescente, fece mostra di ritirarsi, poi, come se fosse terminato un conflitto interiore tra opposti sentimenti, lo strinse con un gesto rabbioso e batté un unico colpo che infranse in una miriade di schegge tintinnanti il silenzio del vicolo. 
Un gemito strozzato perforò le fitte tenebre del cappuccio quando una palpebra di ferro si aprì all’improvviso e una pupilla incandescente fissò indagatrice chi aveva disturbato il suo sonno. Lo sguardo scarlatto incatenò a sé gli occhi celati nell’oscurità, per lui più trasparente del cristallo di Boemia, ammaliandoli come la vipera incanta il topo. Il postulante si sentì trafiggere e sondare i più segreti recessi della sua anima, sino a che, dopo qualche attimo, rimase soltanto un nucleo di nuda fragilità che soddisfece l’esaminatore. 
«Avanti»  disse una voce proveniente dal nulla, cupa e aspra, dalla sonorità, tuttavia, così stridula da straziare le ossa sino alla giuntura con il midollo. Senza il minimo rumore, il portoncino si aprì rivelando, alla luce tremolante di un moccolo di candela, una rampa di scalini di legno consumati dall’uso che saliva ripida tra due antichi muri di pietra grezza. La figura s’introdusse lesta nel varco, lieta di sfuggire a quella fiamma indagatrice."

L'autore si racconta a voi
Mi chiamo Marco Bertoli. Sono nato a Brescia nelle prime ore del 27 gennaio 1956, durante uno degli inverni più freddi del secolo scorso, quello della famosa e vera "nevicata di Roma", da genitori lunigianesi: da parte di madre discendo dai Marchesi Malaspina, signori di quelle terre. Sono figlio unico, tuttavia il mio profilo psicologico, stilato ai tempi della scuola media, non denota alcuno dei tratti caratteristici di tale condizione. In altre parole, sono abituato a lottare per raggiungere i miei scopi, niente pappa pronta. Quando avevo sette anni la mia famiglia si trasferì a Cesena. Ho vissuto in quella piacevole cittadina, situata nel cuore della Romagna, sino a quando non sono andato a Pisa per frequentare l'Università. Di quegli anni decisivi per la mia formazione, trascorsi tra mare e colline, mi restano non soltanto innumerevoli ricordi di gioventù e studi classici, riesco ancora a tradurre greco e latino senza difficoltà, ma anche il marchio indelebile della "esse romagnola" che differenzia il mio eloquio dalla tipica parlata toscana. A Pisa mi sono laureato in Scienze Geologiche e ho conosciuto Anna, anch'essa geologa. Con lei, ormai sono più di trent'anni, ho "messo su" casa e famiglia, lavorando e dedicandomi alla nascita e alla crescita di due figlie: Debora, la maggiore, e Serena. Lavoro come Tecnico Analista di Laboratorio presso il Dipartimento di Scienze della Terra del'Università di Pisa, occupandomi di analisi chimiche di campioni di rocce e di acque. I miei svaghi sono la lettura, sia di saggi di storia militare, antica e moderna, sia di gialli storici, i videogiochi RPG (in coppia con la moglie!) e i wargame da tavolo.

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